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La teoria del tutto (The Theory of Everything)

di James Marsh. Con Eddie RedmayneFelicity JonesCharlie CoxEmily WatsonSimon McBurney, Gran Bretagna 2014.

1963. Stephen Hawking (Redmayne) è un brillante studente di cosmologia nella facoltà di Fisica di Cambridge; imbranato ed impacciato, conosce ad una festa Jane Wilde (Jones), studentessa di lettere e comincia a corteggiarla alla sua goffa maniera. Finalmente, al Ballo di Maggio, i due si scambiano il primo bacio. La già brillante carriera universitaria di Stephen ha, intanto, una impennata: il prof. Dennis Sciama (David Thewlis) ha dato ai suoi allievi dieci esercizi di quasi impossibile soluzione solo per vedere come se la sarebbero cavata e lui si presenta con nove brillanti soluzioni (il decimo esercizio non lo ha fatto perché si era messo al lavoro solo un’ora prima), di lì lui si trova, di fatto, già nel giro degli scienziati. Intanto i suoi movimenti si fanno sempre più scoordinati e, dopo una caduta, gli viene diagnosticata una grave forma di atrofia muscolare progressiva che pare gli lasci solo due anni di vita. Disperato Stephen caccia via il suo compagno di stanza e migliore amico, Brian (Harry Lloyd) e tenta di fare lo stesso con Jane ma la ragazza, caparbia, lo convince a stare insieme comunque. Stephen la sposa, si laurea brillantemente e comincia una luminosa carriera di studioso, superando, sempre aiutato dalla eroica moglie, gli aggravamenti della sua malattia. Loro hanno due figli e Jane è sempre più affaticata, tanto che la madre di lei (Emily Watson) la convince a prendersi un po’ di relax, partecipando almeno un volta a settimana al coro della loro chiesa. Qui lei incontra il giovane pastore Jonathan (Cox) e ne diviene amica; una sera a casa degli Hawking lui racconta di aver perso da un anno la moglie e, anche per ritrovare una ulteriore ragione di vita, si offre di aiutarli nel loro complicato menàge (Stephen è famoso e stimato ma non certo abbastanza benestante da potersi permettere un aiuto domestico). Tra Jonathan e Jane nasce un’evidente attrazione e, alla nascita del loro terzo figlio, la madre di Stephen le chiede bruscamente se il padre sia davvero il marito. Jane si indigna ma interrompe la frequentazione con Jonathan. Qualche tempo dopo, Stephen è invitato in Francia per un concerto di musiche del suo amato Wagner e prega Jane, che non sopporta l’aereo, di raggiungerlo, facendosi accompagnare in macchina da Jonathan. Durante il concerto Stephen ha un malore e Jane, che lo ha raggiunto in ospedale, si oppone a che sia staccata la macchina che lo tiene in vita e accetta che sia sottoposto a tracheotomia. Ora lui può muovere solo una mano e non può parlare; viene assunta l’infermiera specialistica Elaine (Maxine Peake), che si rivela decisiva nella sua ripresa (Brian e gli altri amici gli hanno anche installato sulla sedia a rotelle un computer che dà voce a quanto lui digita) tanto che decide di scrivere il suo fondamentale saggio sul Tempo e, quando viene invitato ad un giro di conferenze in America, comunica a Jane che partirà con Elaine. La moglie ne soffre un po’ ma, come era nel disegno di Stephen, ora può stare con Jonathan. Quando la regina lo chiama per insignirlo, lui, grato, si fa però accompagnare da Jane e dai figli. In barba alle previsioni dei medici, Hawking è ancora vivo.

Sono in questi giorni in circolazione due biopic sulle vite di geni della scienza: questo e The imitation game (curioso notare che Benedict Cumberbatch, interprete di questo film sia stato Hawking nell’omonimo tv-movie del 2004), magari anche perché in questo non facile momento storico, non proprio caratterizzato da grande creatività, il racconto di una realtà edificante fa stare sul sicuro. James Marsh è il regista perfetto per questa operazione: il suo documentario Man on wire sul funambolo Petit aveva vinto nel 2009 l’Oscar, raccomandandolo come ottimo cronista di vite eccezionali. Gli attori sono perfetti e , su tutti, svetta la grande prova “a togliere” di Felicity Jones. Difficile gridare al capolavoro ma siamo di fronte ad un film onesto e ben fatto. Non succede poi così spesso.