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Il sogno americano di Vincenzo: “Come ho conquistato Amazon”

amazonDi Nicola, giovane ingegnere abruzzese, ha venduto la sua startup a Bezos per una cifra top secret. Ma adesso dice: “Credo che tornerò in Italia e ricomincerò daccapo, la mia casa è lì”
Per il mondo dell’innovazione, e quindi per chi ancora crede nel futuro dell’Italia, è stato il botto di fine anno. Qualche giorno fa Vincenzo Di Nicola, 34 anni, ingegnere informatico, abruzzese, ha venduto la sua startup ad Amazon, ovvero a Jeff Bezos, 49 anni, il 19esimo miliardario del pianeta ma soprattutto il più grande venditore di tutti tempi. Apparentemente è come vendere un frigorifero agli eschimesi, più che una impresa parrebbe un miracolo; ma in realtà i colossi del web comprano ogni anno decine e decine di imprese innovative. È il modo migliore per comprare l’innovazione là dove si palesa: dove i ragazzi inventano il futuro. E in questo campo gli italiani se la cavano piuttosto bene. Lo scorso anno era accaduto almeno altre due volte: al giovanissimo Andrea Vaccari, “comprato” da Facebook con la sua app di geolocalizzazione, Glancee; e ad Andrea Gozzi da Correggio che durante i giorni del terremoto in Emilia aveva venduto la Redmatica nientemeno che ad Apple.

Ora tocca a GoPago, la startup di pagamenti mobile che Vincenzo Di Nicola racconta di aver inventato perché una volta, nel 2009, era allo stadio, l’AT&T Park a New York, per un incontro dei San Francisco Giants, e il suo amico si è perso il record di homerun segnati nella storia del baseball americano (firmato nientemeno che dal grande Barry Ponds) perché si era alzato a prendere una birra e ci aveva messo troppo a pagare… Solo che l’amico, come Vincenzo, è una specie di genio dell’informatica: si chiama Leo Rocco, è nato in America da genitori siciliani ed ha un curriculum con nomi pesanti come Boeing, Ferrari, Nasa e Ibm. E visto che quel giorno i due si erano resi conti che mancava una app per prenotare un bene o un servizio, pagarlo con un clic e ritirarlo senza fare la fila, hanno deciso di svilupparla.

La storia di GoPago è davvero bella come una fiaba. Anche perché inizia in un borgo minuscolo che sembra un presepe in questi giorni di Natale. Si chiama Sant’Atto, trecento abitanti più o meno, in provincia di Teramo. È da qui che l’omonimo nonno di Vincenzo partì nel 1922 per andare in America. Emigrante, minatore sui Monti Appalachi. Ci restò dieci anni esatti, e poi tornò a casa. A Villa Turri di Sant’Atto. E qui nel 1979 nacque il futuro startupper che conquisterà una parte (piccola, per carità) del portafoglio di Jeff Bezos (la cifra dell’affare non è stata rivelata ed anzi, per un paio di mesi almeno a Vincenzo è stato chiesto di non dire nulla sui dettagli dell’affare). Ma torniamo indietro: liceo scientifico Albert Einstein a Teramo e da qui il salto; ingegneria informatica a Bologna e poi gli Stati Uniti, prima ancora di laurearsi. Lo stesso viaggio del nonno, insomma, ma tutto molto, molto diverso. In America Vincenzo si rende conto subito di una cosa fondamentale: “Fino a quel momento in Italia avevo studiato in maniera astratta. Troppa teoria”. Prima Stanford, poi Microsoft e Yahoo!, il curriculum di Vincenzo è costellato di riconoscimenti come miglior studente e ricercatore. Poi GoPago che va online alla fine di luglio del 2011. Un sistema di pagamento mobile lanciato in un momento in cui sul settore di sfidano degli autentici colossi. Ma la app di Di Nicola e Rocco sembra avere una marcia in più. Nell’agosto del 2012, in occasione del lancio in tutti gli Stati Uniti, il blog Business Insider celebra questo “meraviglioso servizio” che riesce a fare cose che nemmeno Square (fondata dall’ex creatore di Twitter Jack Dorsey) e la catena di caffé Starbucks riescono a fare: “Nessun altro ti fa ordinare e pagare un latte a casa e ritirarlo senza fila al bar”.

Da lì in poi il successo è stato inarrestabile: grazie a un investimento della banca JP Morgan, GoPago è arrivata in un baleno a 70 dipendenti e più di mille installazioni mentre le star delle squadre di baseball e football di San Francisco sono diventate i testimonial del servizio. Insomma, la exit (così si chiama l’acquisto di una startup da parte di un grande gruppo) era nell’aria ed è arrivato: lo staff e la tecnologia di GoPago passano ad Amazon, Vincenzo Di Nicola no. Proprio il giorno dopo la conclusione dell’affare ha sostenuto il colloquio per ottenere la cittadinanza americana, ma pensa di tornare in Italia, esattamente come accadde al nonno: “È lì la mia casa” ha detto a chi glielo ha chiesto, “anche Garibaldi emigrò in America ma quando l’Italia ebbe bisogno di lui, non ci pensò due volte”. Non sono parole vuote: se andate sulla pagina del liceo scientifico Einstein, scoprirete che dai sei anni Vincenzo sponsorizza una piccola borsa di studio “perché sento un forte debito di riconoscenza per quegli anni del liceo e nella logica del give back americano ho deciso di istituire questo premio”.

di RICCARDO LUNA

http://www.repubblica.it/rubriche/startup-stories/2013/12/16/news/sogno_americano_vincenzo_di_nicola_amazon-73709099/