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Il nuovo volto di Causi alla guida del bilancio in Campidoglio

Le istituzioni non sono dei partiti. Occorre una discontinuità totale. Nuovi visi e nuove competenze devono trovare spazio e attenzione.

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Per lavoro seguo i rapporti istituzionali per conto dell’ AGCI Lazio (associazione generale cooperative italiane), li seguo dall’1986 e quindi anche quelli con il Campidoglio che, all’epoca, era il Comune di Roma, non ancora Roma Capitale, ancora per tutti bruco e non ancora farfalla.

Come è facile immaginare se ne vedevano di tutti i colori. Noi, le così dette parti sociali, eravamo invitati a consumare il così detto “rito della concertazione” che in genere consisteva in riunioni organizzate per comunicarci delle decisioni prese, la parte importante della concertazione era quella occulta, che avveniva prima della riunione convocata. Pochi eletti, più o meno sempre gli stessi, venivano incontrati riservatamente per pesare le questioni e definire le decisioni affinché non ci fossero eccessive lesioni di interessi o si palessassero in qualche rara occasione opportunità di protagonismo. Definito il pacchetto, tutto veniva sommariamente esposto dal dirigente di turno, qualche volta dall’Assessore, se era sufficietemente competente, quasi mai dal Sindaco.
Se le decisioni erano particolarmente complesse, si presentavano sintesi, senza allegati tecnici e mai documenti inviati prima per poter essere studiati.
Questo era il metodo.
Personalmente non ho mai fatto parte degli eletti della Pre Consultazione ma, ho avuto il privilegio di raccogliere confidenze in merito.
Le occasioni delle concertazione erano comunque occasioni preziose non tanto per il merito ma, per incontrare Assessori, Consiglieri, rappresentanti politici e sopratutto Dirigenti. Quasi tutti avevano qualcosa da chiedere, quasi tutti, in modo diverso dipendevano dalla macchina amministrativa del Campidoglio.
Con le Consigliature Rutelli, Veltroni, le concertazionei aumentarono di numero e oggettivamente di qualità. Si iniziò a prendere appunti durante le riunioni, si presentarono punti di vista, ma quasi mai i temi concludevano il vaglio con una decisione condivisa, anche se semplicemente maggioritaria. C’era sempre qualcosa che urgeva, un tempo costretto che impediva dopo le dichiarazioni e l’inizio dell’analisi una decisione responsabile. La decisione veniva presa da altre parti (privilegio difeso dalla P.A.) oppure non se ne sapeva più nulla entrando a far parte dei”meriti scomparsi”.
In queste occasioni ho conosciuto l’on. Causi, uomo colto e preparato, cortese e paziente con noi, inclito pubblico, che nella sua responsabilità cercava di spiegarci i meandri inspiegabili del bilancio comunale. L’impressione che ebbi dell’ uomo fu di un robusto e addottorato riformista che metteva tutta la sua passione e intelligenza a contrastare una macchina infernale fatta per bruciare ricchezza non per amministrarla. Lo fissavo intensamente durante le sue spiegazioni, spesso sottilmente ironiche con uno stile english, e mi chiedevo cosa avrei io fatto al suo posto.
Sentivo che si batteva e questo era per me un titolo d’onore al di là del risultato. Rappresentava comunque una qualità professionale ed umana infinitamente superiore alla media del persanale politico e amministrativo presente in Campidoglio.
Aderii con slancio ad alcune sue proposte e per quel che potevo fui una “parte sociale” leale e costruttiva.
Potete immaginare la delusione quando nel post Veltroni, furono presentate analisi e dati sullo stato di fatto dei conti comunali non da parte di un soggetto di parte, la nuova Amministrazione Alemanno , che avremmo imparato a conoscere negli anni successivi, ma da parte della Magistratura Contabile e della Ragioneria Generale dello Stato.
Così come riportato da Carteinregola i conti erano macroscopicamente fuori controllo.
Mai se ne parlò in tante riunioni, mai fu inviato un allert sulle condizioni del disastro; difficoltà tante ma, un naufragio è un altra cosa.
Credo proprio che i cittadini debbano riprendersi la Cosa Pubblica e con questo credo che si debbano anche confrontare con le proprie responsabilità. Le istituzioni non sono dei partiti. Occorre una discontinuità totale. Nuovi visi e nuove competenze devono trovare spazio e attenzione. Il cambiamento non può aspettare.

Eugenio De Crescenzo

Eugenio De Crescenzo

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