1

Corviale: caduta e salvezza di un’utopia.

icaroLa città come laboratorio permanente

1. Le ambizioni di Corviale

[…] cinquant’anni fa c’era ancora, quando io ero ancora studente, la divisione fra “architettura maggiore”, quella per le Istituzioni, e “architettura minore”, quella delle abitazioni. Ma poiché non c’erano istituzioni a sufficienza per appagare il bisogno degli architetti di provarsi sul “sublime”, si finì per far diventare templi proprio gli edifici per le case economiche e popolari; trascurando completamente, in un momento che pure è stato importante per la nostra architettura, la ricerca dei caratteri intimi dell’abitazione. 

Nel 1984, in occasione di una conferenza all’Accademia di S. Luca, così Ludovico Quaroni stigmatizza le derive autocelebrative delle sperimentazioni sul tema della residenza pubblica condotte tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta in Italia. Parole rivolte, in particolar modo, proprio al progetto per Corviale, sostanzialmente assolto per la sua qualità architettonica ma condannato per il fatto di […] obbligare la gente a vivere in un paesaggio bloccato, senza articolazioni in rapporto diretto con le dimensioni reali d’un alloggio.

Come per i nuovi quartieri romani degli anni Settanta di Vigne Nuove, progettato dal gruppo Passarelli, e Laurentino, del gruppo Barucci, la costruzione di Corviale, prevista dal Piano di Zona n. 61, è propiziata dalle Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare della Legge 167 del 1962 e resa possibile da un programma di finanziamenti Gescal finalizzati alla costruzione di abitazioni e servizi. 

Per garantire l’insediamento di 8.500 abitanti, di cui 1.600 da alloggiare in cooperative Gescal e 6.900 nelle abitazioni dello I.A.C.P., l’intervento investe una superficie complessiva di 605.300 mq, prevedendo nel dettaglio 220.580 mq di superfici residenziali, non residenziali e miste, 62.250 mq di servizi pubblici, 256.470 mq destinati a verde pubblico, 66.000 mq di viabilità e parcheggi. 

Situato ai margini del tessuto esistente della periferia Sud-Ovest di Roma, tra via Portuense e via di Casetta Mattei, ben 2 Km all’interno del Grande Raccordo Anulare, il complesso di Nuovo Corviale, secondo le parole dello stesso progettista, si può identificare in un sistema di “direzioni” elementare che si colloca in cresta al terreno, con un sistema servizi lungo le stesse direttrici in preciso rapporto con la città attraverso una ipotesi progettuale concentrata, ad alta densità fondiaria, per poter lasciare naturale e libera l’area restante. 

In questo sistema unitario di circa 200 m di spessore, che recepisce estremizzandole le teorie sulla città per parti di Aldo Rossi e Carlo Aymonino contrapponendosi come organismo autonomo all’aggregato informe della città edificata, l’assetto funzionale è regolato dalla giustapposizione e dai rapporti gerarchici dettati dai tre volumi che accolgono le residenze: l’unità principale, che in lunghezza sfiora il Km, ha una profondità variabile tra i 36 m del basamento, dove sono collocati le cantine, le autorimesse e gli spazi di distribuzione, e i 23,6 m dei piani superiori, che comprendono otto livelli residenziali intervallati da un piano libero pensato per ospitare servizi di tipo commerciale; parallelamente al primo, verso la campagna romana, si sviluppa il secondo edificio, a ballatoio, con due piani fuori terra, su cui si innestano quattro nuclei di servizio; un terzo edificio ruotato di 45°, che al piano terra cinclude un percorso pedonale coperto, connette il sistema alla zona di Casetta Mattei, puntando verso il centro della città.

Coerentemente con le previsioni del PRG del 1962 questo frammento di città lineare, che in maniera perentoria si erge sul crinale di una collina che domina la campagna romana e che pare riecheggiare le mura di cinta della città storica, assume (e mantiene tutt’ora) il duplice ruolo di margine della città e di argine alla sua espansione. 

Di tutti gli interventi di edilizia residenziale pubblica realizzati in Italia, con la sua smisurata fisicità, il complesso I.A.C.P. di Nuovo Corviale si può considerare senz’altro il più perentorio ed estremo, chiara rappresentazione di un corto circuito tra le ambizioni personali del progettista e gli ideali di un’architettura più vicina alle esigenze sociali e rivolta a creare l’ambiente per una nuova civiltà democratica, inseguiti da Fiorentino sin dal ’45 quando, agli esordi della sua carriera, aderisce all’Associazione per l’architettura organica fondata da Bruno Zevi per traghettare l’eredità del funzionalismo verso una pratica architettonica, tecnica e artistica allo stesso tempo, in dichiarata antitesi con il monumentalismo di matrice neoclassica e ad esso alternativa. 

Frutto di una sperimentazione, non priva di contraddizioni, volta ad unificare urbanistica e architettura in un’ideale forma di sintesi di monumentalità e antiretorica, gigantismo e ricerca della dimensione umana, purismo funzionale e finzione distributiva, questo deciso e indelebile segno impresso sul territorio della Capitale che si erge a modello per una nuova dimensione dell’habitat testimonia in realtà dell’idea che incarna la sua irriproducibilità, tanto da rimanere (ed è oggi la sua forza) un caso unico. 

Inseguendo e superando di gran lunga nelle dimensioni alcuni fuori scala che nei secoli hanno fortemente connotato il tessuto urbano di Roma, dal S. Michele (300 m) alla manica lunga del Quirinale (250 m), al fianco della Stazione Termini (500 m), il progetto vuole liberare l’edilizia residenziale economica da una consolidata condizione di subordine nei confronti dell’architettura delle istituzioni ‘promuovendola’ ad un alto livello di rappresentatività e conferendole un ruolo decisivo nei confronti della struttura della città, tale da poterne condizionare la stessa morfologia.

Questa sentita esigenza di riscattare la periferia dall’emarginazione culturale elevando la rappresentatività dei suoi insediamenti, trova ulteriore conferma nelle scelta di Fiorentino di ibridare il proprio linguaggio con quello artistico affidando la progettazione dei pannelli di rivestimento delle facciate a Nicola Carrino, scultore tra i più autorevoli della scena artistica nazionale del quale è amico e collezionista.

Così, alla forza espressiva del ‘serpentone’ si sovrappone e si somma quella di una straordinaria opera minimalista che con il ricorso ad un elementare sistema numerico-matematico fondato sulle variazioni ritmiche di una retta inclinata a 45°, modula la luce secondo una direzione diagonale contrastando, con la sola forza dell’ombra, l’insistita orizzontalità dell’organismo architettonico.

Ma il principio di complementarietà tra i linguaggi dell’architettura e dell’arte non si esaurisce con questo intervento, seppur decisivo. La necessità di orientare abitanti e visitatori dando una diversa connotazione a ciascuno dei cinque ingressi all’edificio principale, identicamente caratterizzati dal deciso segno verticale del volume semicilindrico che si contrappone all’orizzontalità del costruito per identificare i corpi scala principali, conduce Fiorentino a coinvolgere nuovamente Nicola Carrino e, insieme a lui, altri quattro tra i più importanti scultori italiani degli anni ’60 e ’70: Carlo Lorenzetti, Teodosio Magnoni, Pasquale Santoro, Giuseppe Uncini. Le cinque piazze-nodo antistanti gli ingressi avrebbero dovuto includere di questi artisti interventi spaziali di notevoli dimensioni, di grande sobrietà formale e forte impatto, capaci non solo di dare una connotazione univoca agli accessi ma addirittura di incidere sulle stesse modalità di fruizione dei relativi spazi antistanti, snodi di fondamentale importanza nel complesso sistema di distribuzione che conduce agli alloggi.

Fabio Briguglio

 2. Fare Corviale

Immaginare Corviale è un felice esperimento del 2004-5 della Fondazione Olivetti con Stalker /Osservatorio Nomade, nell’ambito della sua attività di riqualificazione per le aree suburbane periferiche, in collaborazione con il XIX Dipartimento per lo Sviluppo e il Recupero delle Periferie del Comune di Roma, e il Laboratorio Territoriale di Roma Ovest: nel ruolo di mediatore, la Fondazione ispirandosi al protocollo dei Nuovi Committenti francesi, ha interfacciato due modalità di intervento ovvero la prospettiva creativa degli artisti e le politiche mirate dell’Istituzione con le aspettative dei residenti,  in un approccio condiviso che rappresenta un parametro valido ed estendibile per analogia ad altre situazioni riferibili ad aree periferiche.

Un titolo esplicativo, che innesca visioni, potenzialità, narrazioni e che ha messo in campo una serie di esiti partecipati coinvolgendo tutta la città attraverso una sinergia, una strategia relazionale tra attori diversi e interagenti, artisti singoli o in gruppo, studi di architettura, ricercatori, videomakers e musicisti con l’obiettivo di aprire quella realtà ad una possibile trasformazione che tenesse conto dell’esistente. I vari laboratori e la produzione di un documento sui progetti condivisi degli artisti , nonchè la pubblicazione di un libro sull’intero progetto, costituiscono gli esiti di esperimento interessante  e in qualche modo esemplare per attivare un cortocircuito sul territorio che ne liberi le potenzialità a partire dai suoi punti nevralgici ed energetici, secondo il concetto di agopuntura urbana  a partire dall’analisi, da parte dell’Osservatorio Nomade, dei rapporti e relazioni  quotidiane stabilite dai residenti con gli spazi interni dell’edificio, – privati e comuni – e con l’esterno. La modalità è stata una coabitazione con i residenti che si è protratta per un anno intero per condividerne disagi, criticità e  lati oscuri, come anche potenzialità implicite e aspettative: partendo dalla comune condizione psicologica, generata da  quel clima di chiusura e invivibilità incombente e di abbandono, si è favorita una percezione diversa dell’edificio quartiere, oltre quella stereotipata, estendibile  anche a coloro i quali vi mettevano piede per la prima volta. 

Questa sperimentazione ha dato luogo ad una serie di realizzazioni: un plastico interattivo dove gli abitanti potevano proiettare le loro aspettative, una Piazza delle arti permanente , il “Corviale urban lab” come luogo di condivisione della vita quotidiana del quartiere , una televisione di strada autogestita, “Corviale network”, dove le persone si raccontavano attraverso puntate settimanali mandate in onda da un canale satellitare, che hanno suscitato interesse e reazioni, catalizzando i media su una realtà completamente rimossa e diffondendo l’immagine nuova di un laboratorio creativo e condiviso a cielo aperto.

Tutto ciò nasce alla luce di una riflessione sulla natura  dello spazio pubblico attraverso strumenti flessibili e imponderabili, ma significanti, all’insegna dell’incidenza delle pratiche artistiche nella trasformazione urbana : un work in progress multidisciplinare nel quale convergono teoria e sguardo sul sociale in un’ ottica inclusiva  con sperimentazioni di progettazione  partecipata, nell’obiettivo di modificare lo stereotipo negativo della periferia italiana.  

“Immaginare Corviale” ha sottolineato la valenza simbolica di un luogo coacervo della memoria storica recente, letteralmente da ridisegnare nell’immaginario collettivo come premessa esemplare per la trasformazione della metropoli contemporanea, per un presente e un futuro vivibile di fatto e non solo all’insegna della mera sopravvivenza: un progetto all’insegna della convivialità e del gioco, delle pratiche partecipative autentiche e non solo indotte rigidamente, della sinergia  e della creatività, nel rispetto delle differenze. Insomma una pratica relazionale attiva reale e non solo teorica con il territorio, col fine di recuperarne la memoria e l’ identità di chi lo abita in  una narrazione in cui i vari operatori come registi dell’operazione, sono riusciti, quantomeno per un lasso di tempo, a riscattare gli abitanti da quel ruolo di comparse a cui il sistema li ha inchiodati, facendone attori protagonisti e consapevoli  per un’autorganizzazione critica del proprio quotidiano alla luce del potere dell’immaginazione più che dell’immaginazione al potere.

Il racconto nasce dal colpo di scena preliminare, quello di una delle rare partnership del Comune di Roma con Fondazioni culturali finalizzato ad una condivisione su vari temi, la riflessione sul ruolo dell’architettura modernista e la funzione dell’arte nel sociale, la relazione e la gestione del territorio, il concetto dell’abitare, la comunicazione, lo spazio pubblico, il tutto calibrato sulla piccola dimensione del quartiere, parte dell’intera realtà urbana. Tutto ruota sul concetto di Corviale “luogo comune” in senso ambivalente, sottratto dallo stereotipo della marginalità del vuoto urbano per inserirlo in una prospettiva di sviluppo nella coscienza dello spazio pubblico, attraverso la partecipazione attiva della sua gestione, come nelle premesse progettuali iniziali da parte di Fiorentino. Corviale come territorio abbandonato in balia della sua astrusa alienità e terra di nessuno ,  ha riacquisito senso e identità attraverso un processo di analisi e ridefinizione condotto da Stalker On-Osservatorio nomade, network che si concentra di volta in volta su varie realtà territoriali applicando una metodologia interdisciplinare e flessibile in un contesto post-metropolitano come “geografia di eventi”,  nella creazione di una sorta di “manuale di istruzioni d’uso”( pubblicato nella rivista “ On/Corviale”),  che  ha riposizionato il quartiere in una nuova visione della condizione metropolitana, attraverso un’esperienza sul campo incentrata sulla realtà dello spazio sociale radicata nelle pratiche situazioniste e nel “diritto alla città” rivendicato negli Anni ‘70. 

Il processo di integrazione  parte  da quelle strategie di sopravvivenza esercitate dai residenti(occupazioni abusive, orti urbani ecc..) che sono la base per il ripristino di un’immagine dell’edificio problematica e complessa, stratificata e consapevole della psicologia collettiva della comunità, in linea con le premesse del progetto originario. 

A fronte di ciò una serie di artisti e architetti progettisti ha poi elaborato altrettante visioni di Corviale, (  Laurent Malone, Armin Linke, Renato Rinaldi, Domènec, goldiechiari, Matteo Fraterno, Cesare Pietroiusti, Giorgio D’Ambrosio, Francesca Recchia, Mario Ciccioli, ellelab, mao/emme azero, M_28 studio, nicole_fvr/2A+P architettura, Aldo Innocenzi, Ilaria Vasdeki, Antonella Fino, Michela Franzoso, Andrea Bassi, Giorgio D’Ambrosio, Romolo Ottaviani, più il nucleo fondatore di Stalker, Francesco Careri e Mauro Romito, tutte documentate in “Ossevatorio Nomade-Immaginare Corviale” a cura di Flaminia Gennari Sartori e Bartolomeo Pietromarchi, Mondadori, 2006),  facendo affiorare percezioni, sguardi, emozioni, interpretazioni, rimozioni, silenzi, stati d’animo, visioni  e letture inedite  dell’inespresso, dei  lati nascosti dello spazio, abbattendo il muro di riserbo e la diffidenza dei suoi abitanti, nel registrare lo stato dell’arte insieme alle sue trasformazioni, adattamenti, aspettative e proiezioni dell’immaginario collettivo. 

Proprio da questa prassi si può attuare la rigenerazione dei luoghi periferici, come spazi separati e negati, a fronte di un’idea di  progettualità fluida e legata più che alla complessità teorica alla situazione, favorendo una dimensione estetica di integrazione fra arte, architettura e spazio pubblico, recuperata attraverso i vissuti e la memoria collettiva secondo processi di auto-organizzazione, recuperando quel portato utopico che l’ha consegnata alla Storia e al suo fallimento. Una sperimentazione che ha contrastando il clima di abbandono con il ripristino di una rete relazionale ambientale e sociale: primo passo per un nuovo approccio urbanistico e ambientale che possa sottrarre Corviale all’alienazione prossima ventura con il valore  di un intento programmatico per fondare in maniera permanente un autentico “spazio delle relazioni”, Istituzioni pubbliche permettendo. Dopo immaginare, è il momento di fare Corviale.

Patrizia Ferri

 3. Verso il 2020

 I criteri fissati dalla Unione Europea per la programmazione del settennio 2014-2020 costituiscono il principale contesto di riferimento per la rinascita di Corviale, da attuare attraverso la messa a sistema delle risorse esistenti e di quelle potenziali, delle visioni utopiche di Fiorentino e delle attuali sperimentazioni per la costituzione di un distretto evoluto, in linea con i più aggiornati parametri di sviluppo delle smart cities.

Un’occasione importante per rientrare nel novero dei progetti finanziati dai fondi UE a gestione diretta e consentire, finalmente, di cantierizzare i progetti in itinere.

Tra i primi a riconoscere nell’eccezionalità di Corviale una straordinaria opportunità per la sua stessa rigenerazione è stata l’associazione Corviale Domani, costituitasi come partenariato locale coordinato da Pino Galeota, che in cinque anni di attività ha riunito intorno a sé associazioni, enti, istituzioni di ricerca, operatori ed esperti di diversi ambiti disciplinari avviando e alimentando un meccanismo virtuoso di partecipazione e aggregazione finalizzato allo sviluppo sostenibile dell’intero territorio del quadrante di Corviale e alla sua promozione. 

Una rete di cittadini e specialisti, alimentata dall’attivazione di percorsi partecipativi, educativi e culturali, fondata sulla condivisione delle finalità e delle esperienze.

A novembre 2013 si è tenuto il Forum Corviale 2020: intelligente, sostenibile, inclusivo che, mettendo a sistema e dando un indirizzo uniforme e congruente ai progetti di riqualificazione in fase di realizzazione e futuri, ha raccolto e condensato in tre giornate numerosi incontri e dibattiti sulle più

accreditate ricerche attualmente in corso che, traguardando il 2020, hanno affrontato i temi fondamentali dello sviluppo intelligente e sostenibile e dello sviluppo inclusivo.

Ampio spazio è stato riservato agli orientamenti e agli impegni assunti dalle istituzioni. Impegni tra i quali il più rilevante è senz’altro quello della sottoscrizione, da parte della Direzione Generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanee del MiBACT, di Roma Capitale, della Regione Lazio, della Sapienza Università di Roma, dell’Università degli Studi del Molise, dell’Ater di Roma, dell’Ente Parco Roma Natura, del Forum Terzo Settore Lazio, del Centro Servizi per il Volontariato del Lazio e di Corviale Domani, di un atto di intesa per un tavolo di concertazione istituzionale a sostegno del futuro del quadrante di Corviale, essenzialmente rivolto a dare una direzione univoca alle strategie di sviluppo e a facilitarne l’attuazione, che va ad integrare l’esistente e già attivo protocollo di intesa tra i Municipi XI e XX e la Commissione Lavori Pubblici di Roma Capitale.

Dopo la pesante battuta d’arresto della Giunta Polverini al programma di recupero previsto dal Contratto di quartiere II, già finanziato con fondi stanziati nel 2003 dal Ministero delle Infrastrutture, dalla Regione Lazio e dal Comune di Roma, nell’ultimo periodo è stata soprattutto l’ATER, in qualità di proprietaria del complesso, ad attivarsi per riscattare Corviale dalla stasi pressoché assoluta degli anni passati dando impulso alle ormai improrogabili attività di manutenzione dell’edificio e di rigenerazione dell’area che l’accoglie.

Il 15 gennaio 2014, grazie ad uno stanziamento di 446.077 euro da parte dell’Azienda, hanno avuto inizio i lavori di ristrutturazione delle cinque superscale, finalizzati principalmente alla sostituzione dei pannelli translucidi che ne consentono l’illuminazione e alla rimozione e ricostruzione delle pareti laterali in vetrocemento: un primo ma significativo segno di rinnovato interesse per la riqualificazione di uno degli edifici-simbolo della Capitale e del quartiere, e per la qualità della vita della comunità delle 1.300 famiglie che ci vivono, come ha dichiarato il Commissario Straordinario dell’ATER Daniel Modigliani.

Al di là delle contingenze, l’obiettivo strategico è tuttavia quello di delineare un quadro di riferimento per un concorso internazionale che rivolga ai progettisti la duplice istanza di armonizzare tra loro e con il contesto i diversi interventi realizzati o in corso di realizzazione nell’area e di elevare il livello di benessere degli abitanti di Corviale implementandone gli standard di vita mediante l’adozione dei nuovi sistemi di connessione digitale e delle più aggiornate tecnologie sostenibili.

È in tale prospettiva che, con il supporto tecnico e scientifico di tutte le realtà istituzionali coinvolte, l’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale del Comune di Roma sta lavorando alle linee guida necessarie ad assicurare criteri di coerenza e sistematicità nel lungo periodo per i progetti destinati alla rigenerazione urbana del complesso architettonico. 

Il 12 marzo 2014 è stato diffuso un primo documento in cui sono elencati i principali ambiti di intervento: connessioni fisiche con la città (trasporto pubblico, pedonalizzazione, parcheggi e accessibilità ai servizi pubblici); connessioni con i parchi istituiti per l’uso del verde e per le attività produttive; interventi sull’edificio per l’apertura del piano terreno, per rivedere la circolazione funzionale e gli attraversamenti, per recuperare ed adeguare corpi scala e ascensori; densificazione mediante frazionameto degli alloggi sovradimensionati e la realizzazione di nuovi alloggi al 4° piano, in sostituzione di quelli abusivi; consolidamento strutturale; sale condominiali e accessi; adeguamento normativo degli impianti, interventi sui sistemi di isolamento passivo, sulla produzione e sulla riconversione energetica; preparazione della gestione delle parti comuni.

Grazie soprattutto all’integralismo dell’ideologia che incorpora e alle soluzioni estreme che ne sanciscono l’unicità, oggi Corviale, con le sue problematicità, rappresenta una sfida per studiosi, tecnici e politici, tanto da poter essere considerato a pieno titolo uno dei più importanti ed estesi laboratori a cielo aperto di sperimentazione e innovazione a livello nazionale ed europeo. 

Così com’è non funziona ma è pur sempre un ‘monumento’ e, come per ogni altro monumento, ciascun intervento volto alla rifunzionalizzazione e valorizzazione dell’esistente dovrà rispettarne la natura e la percezione, preservarne la logica compositiva e gli equilibri formali.

Fabio Briguglio

4. Respirare Corviale

 Proprio partendo dalle caratteristiche dell’edificio-quartiere perimetrato e rigido, relative alla sua autoreferenzialità architettonica colossale e incombente come un monolite che blocca ogni immaginazione, l’idea dell’apertura, anche se qualche modo protetta, calibrata, manifesta l’esigenza di respirare e relazionarsi, di incontrarsi per uscire da uno stato di stasi e di emergenza continuo, innescando una flessibilità.

L’esigenza espressa dagli abitanti del quartiere è quella di un luogo dove incontrarsi in un quartiere senza una piazza: la mancanza di uno spazio pubblico attrezzato rappresenta infatti una delle questioni ritenute causa di un’ invivibilità di fatto. Da questa esigenza nasce la progettazione di due piazze ecologiche ed autosufficienti, realizzate con materiali e tecnologie ecosostenibili, poste una presso la testata nord, l’altra presso quella a sud dell’edificio, nonché la riqualificazione di via di Poggio verde e dei 5 larghi di ingresso dell’edificio, con il collegamento tra le due piazze e i servizi, le attrezzature e gli altri spazi pubblici del quartiere, che comprende anche i percorsi ippo-ciclo-pedonali previsti dal Piano di Assetto della Riserva Naturale della Tenuta dei Massimi. Il progetto “Respirare Corviale.Urbanistica, Architettura e Arte Pubblica per due piazze condivise e pulsanti” del Laboratorio CorLab, è una sperimentazione che si basa appunto sull’idea di apertura di un luogo sempre visto come chiuso e ingombrante, le cui celebri grate metalliche hanno alimentato l’analogia con la prigione, che spinge in qualche modo ad evadere senza necessariamente uscire dal perimetro, concependo la campagna non solo come una veduta ma come un’integrazione reale dell’abitare: le due piazze pertanto sono due polmoni metaforici che permettono un respiro effettivo ed affettivo. Se rovesciamo la lettura in chiave monumentale di Corviale, affiora l’aspetto di un luogo liberato dal peso del proprio passato, da quell’ipoteca di struttura perfettamente funzionante e funzionale, affiora l’immagine di un dispositivo sociale, collettore di un’energia urbana pulsante anche nei suoi aspetti creativi e progettuali, che suggerisce l’inizio di una metamorfosi percettiva verso una nuova realtà metropolitana e il suo futuro, quello di un organismo il cui tessuto connettivo sono le narrazioni dei vissuti che lo animano,

Il Laboratorio CorLab (responsabili Paolo Colarossi, Patrizia Ferri, Fabio Briguglio), è un’iniziativa del CEDRAP (Centro di Documentazione e Ricerca sull’Arte Pubblica): il primo di una rete di laboratori progettuali integrati e partecipati sul territorio, potenzialmente estendibili a una serie di contesti simili, aventi come obiettivo la sperimentazione progettuale urbanistica in termini di integrazione multidisciplinare con l’architettura e l’arte pubblica, ai fini della crescita e valorizzazione del patrimonio ambientale urbano esistente e in via di realizzazione. La sperimentazione- che peraltro si tiene parallelamente all’elaborazione in corso di un progetto promosso dall’ISVEUR per la piazza Nord, che al momento ha suscitato polemiche da parte degli abitanti e a cui sono state sollevate critiche da parte di CorLab e di “Corviale domani”- si svolge all’interno dell’insegnamento di Progettazione Urbanistica (docente Paolo Colarossi), 5° anno del Corso di Ingegneria Edile-Architettura della Sapienza Università di Roma, presentato nelle sue premesse al Forum Corviale- 2020 “La forza nel Segno- Intelligente sensibile inclusivo” di novembre 2013, promosso da “Corviale Domani- Laboratorio di ricerca multidisciplinare per la rigenerazione del Quadrante Corviale”. Un laboratorio che incarna la rivincita dell’immaginazione e il riscatto dalla stasi, la sua vocazione inclusiva, associazionista e attivista, che nasce come iniziativa di ricerca realizzata da IsICult e finanziata inizialmente da Filas, per la riqualificazione urbanistica del quartiere, promosso dal Coordinamento per il Distretto tecnologico d’Arte, Cultura, Sport e coordinato da Pino Galeota e, tra gli altri, dall’Arch.Mauro Martini con la partecipazione del Comitato di Quartiere.

Oggetto della sperimentazione progettuale partecipata e integrata del Laboratorio sono due piazze verdi e attrezzate, da affidare alla gestione condivisa degli abitanti, da costruire/qualificare sulle due testate dell’edificio Corviale, anche riconsiderando le idee di Mario Fiorentino rispetto alla collocazione di opere d’arte ambientali agli ingressi dello stesso edificio per trasformarne la percezione dall’esterno e dall’interno.

L’integrazione avviene nel lavoro comune che stanno svolgendo studenti, abitanti e il gruppo di docenti-mediatori costituto da un urbanista, (Colarossi) un critico d’arte, (Ferri) un architetto (Briguglio) e un artista (Alfredo Pirri), come interpreti delle aspettative degli abitanti: l’approccio integrato e relazionale inaugura una metodologia, avvalendosi anche dei contributi di Mauro Martini,

Daniel Modigliani, Romolo Ottaviani e Nicola Carrino che ha lavorato all’interno del progetto di Fiorentino, realizzando gli elementi della facciata incisi a intagli diagonali e che figura tra i cinque artisti che elaborano altrettante sculture ambientali in relazione alla grande scala, come contrappunti delle cosiddette “piazze-nodi”, non realizzate, ma presenti come progetti e maquettes alla Biennale di Venezia del ‘76.

L’interagenza di competenze eterogenee disegna un metodo formativo dove l’esperienza di sperimentazione si declina nei vari livelli di approssimazione che si possono riassumere in tre fasi quali: programmazione, progettazione, realizzazione dell’intervento integrato (urbanistico, architettonico e artistico), a fronte di sopralluoghi e questionari agli abitanti. Il laboratorio consente il confronto con temi di interesse reale che consistono in esercitazioni di metodo e sperimentazioni fattive su contestualizzazioni esemplari, coinvolgendo nel team di ricerca figure professionali impegnate concretamente nello sviluppo dei progetti stessi, in grado di guidare e gestire in modo organico la complessità dei nuovi processi culturali e operativi che concorrono alla necessità degli interventi pubblici e di interesse pubblico nella città. Una risposta alle sollecitazioni di un contesto internazionale che vede nella metropoli la rappresentazione del cambiamento e dei processi di sviluppo collettivo, dove l’impegno è una nuova forma di sinergia nella progettazione, nel recupero, nella qualificazione estetica ed etica, nonché nella gestione condivisa dello spazio urbano.

L’inserimento artistico avviene, come nelle istanze di Fiorentino, integrato nella fase preliminare del progetto, così da sottoporre agli studenti una problematica, peraltro molto frequente, che li impegni nell’elaborazione di modalità operative capaci di bypassare le restrizioni di una logica meramente addizionale fondata su una concezione dell’arte come decorazione postuma per puntare invece ad una reale ed equilibrata sinergia. La “Pianificazione integrata” pertanto indica un orientamento disciplinare capace di coniugare pianificazione territoriale e intervento artistico nell’ambito urbano, secondo una logica previsionale ed ecologica di più ampio respiro e con l’obiettivo di lavorare su circuiti capaci di attivare relazioni tra contesti, creando una rete di scambi di esperienze auspicabilmente in crescita costante.

Questo nella logica di una rinnovata partecipazione e a fronte delle esperienze europee più di avanguardia come quella francese dei “Nuovi Committenti”, protocollo importato dalla Fondazione Olivetti dove l’esperto/i diventa mediatore culturale tra l’amministrazione e i cittadini.

La premessa di una specificità progettuale italiana, può essere riletta e interpretata attraverso anche un’analisi dei processi creativi oltre che dell’intervento artistico tout court, volta a fare luce sulle dinamiche di trasformazione urbana relative soprattutto ad approcci relazionali e partecipativi, e alle metodologie rivolte alla fruizione a fronte di una prospettiva etica e trasversale aperta a vari contributi e fuori da rigidi, anche se a volte rassicuranti, stereotipi.

Il progetto delle due piazze di Corviale nasce in un momento in cui l’ATER sta per redigere le linee guida, entro il 2014 “ per assicurare criteri di coerenza e sistematicità nel lungo periodo ai progetti per la rigenerazione urbana del complesso architettonico di Corviale” impegnandosi “a metter in campo quanto necessario all’avvio degli interventi parzialmente finanziati nell’ambito dei Contratti di Quartiere II e immediatamente cantierabili per la riqualificazione,” impegnandosi “ per mantenere quel ruolo centrale di ricerca, sperimentazione e realizzazione di interventi di edilizia residenziale”, annunciando inoltre “la collaborazione al programma sperimentale Corviale-tetto produttivo».

Auspichiamo pertanto che, nella logica dei piccoli spostamenti, nell’avviare una prima collaborazione tra Sedi formative e Istituzioni pubbliche e private, i principi di “sperimentazione”, “ricerca” e “rigenerazione” all’insegna dell’integrazione e della partecipazione effettiva applicati alla misura del quartiere, a cui si ispira l’idea di progettualità finalizzata a spazi pubblici autogestiti nella massima economia del consumo di suolo, a cui sta lavorando CorLab non siano solo slogan e non restino disattesi. Perché da Corviale le periferie escano dalla loro marginalità oppressiva e comincino a “respirare”.

Patrizia Ferri

 Abstract

Paraphrasing “Salvezza e caduta dell’arte moderna” (“Salvation and fall of  modern art”),  famous essay of Giulio Carlo Argan, “Corviale, today, as a theme or a subject, must be faced from a “city as an open and permanent laboratory” perspective, with the awereness of its substantial problems. Issues dealing with a place which symbolizes a real work in progress and, in spite of its singular history, can still be regarded as a fertile ground for sperimentations and redevelopments. Corviale is like an open text, sort of a narrative where imageries, conflicts, vital and creative forces converge as much as social tensions do: ideas for several reflections. The possible transformation of Corviale, symbol of public housing, social architecture and place where illegal constructing and partecipation intertwine, has an immense contemporaneous potential: in a way controversial but vital, this actuality brings Corviale back to its original singularity. Front of its premises, the final salvation of Corviale is still far from a collective breath perspective, being its identity marked by closures, separations and by a ruinous past. In the same time, due to its irreducible original nature, Corviale doesn’t submit itself to a mere survival as an abandoned “part of the city”, colossal UFO left to a marginal fate.

 Keywords: Corviale, experimentation, art, multidisciplinary, reports

 Abstract

Parafrasando il titolo di un celeberrimo saggio di Giulio Carlo Argan, “Salvezza e caduta dell’arte moderna”, il tema Corviale oggi, non può essere affrontato che dall’ottica di una città come laboratorio permanente a cielo aperto, con la consapevolezza della sua criticità sostanziale. Quella di un luogo che, da un certo momento in poi rappresenta un vero e proprio work in progress, che lo vede terreno fertile di laboratori, sperimentazioni e interventi di riqualificazione, caratterizzandosi come testo aperto, narrazione dove convergono immaginari, conflittualità, tensioni vitali e creative, frizioni con il sistema, spunti per altrettanti temi di riflessione. Il tentativo di un processo di trasformazione di un quartiere simbolo dell’edilizia pubblica e dell’ architettura sociale dove si intrecciano abusivismo e partecipazione, derive del moderno e potenzialità contemporanee,  ne fanno una realtà controversa, ma vitale  restituendolo in qualche modo ad una sua emblematicità, anche se il riscatto finale da un’identità segnata dalla chiusura e dalla separazione, da un destino fallimentare  a fronte delle sue premesse, è ancora lontano dalla prospettiva di un respiro collettivo, ma che per la sua irriducibilità di fondo non si rassegna alla mera sopravvivenza di “pezzo di città”, di UFO colossale lasciato al suo destino marginale.

 Parole chiave: Corviale, sperimentazione, arte, multidisciplinarità, relazioni