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100 anni di Federico Caffè: l’eredità di un maestro e le politiche europee *

 

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Mario Draghi, presidente BCE, ricorda Federico caffè e parla delle misure BCE contro la crisi

<<Ciao Ignazio!>> sussurra Mario Draghi, interrompendo la sua relazione. Era entrato nella sala il governatore della banca d’ Italia Ignazio Visco, in deciso ritardo dalla pausa pranzo. Si accomoda in prima fila, accanto al rettore della terza università di Roma, Mario Panizza, nell’ aula magna della Facoltà di Economia in cui si svolge un convegno importante, in occasione del centenario della nascita di Federico Caffè. Caffè era l’economista per eccellenza, docente universitario, consulente della banca d’ Italia e dei cittadini -come amava definirsi- , che ha fatto perdere misteriosamente le sue tracce ormai 27 anni fa.
La giornata è iniziata poco dopo le 9 ed è terminata nel tardo pomeriggio, perché gli interventi sono stati molti, lunghi e articolati; la maggior parte anche appassionati, al limite della commozione. In cattedra si alternano alcuni tra i più famosi allievi di Caffè e l’impressione che si ha è quella di trovarsi di fronte ai membri del gotha della politica economica italiana, un insieme di menti che hanno determinato e indirizzato le politiche economiche del paese, dietro le quinte. A dimostrazione del clima estremamente amichevole, sembra quasi una rimpatriata, ci sono i saluti, per niente istituzionali ma calorosi tra baci e abbracci e pacche sulle spalle. Nella prima mattinata i relatori analizzano la figura e gli insegnamenti del loro maestro, indicando collegamenti con il presente ed evidenziando la genialità del precursore che è stato Caffè, oltre ai suoi pregi e difetti come persona. Alle 15 fa il suo ingresso nella sala il governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi. Quando era studente di Caffè, ricorda la sua capacità di guardare dentro i suoi studenti e provare amore e fiducia verso di loro. I 30 minuti successivi trascorrono con un’ interessante panoramica sulla reazioni della BCE alla crisi del 2008, partendo da quanto la disoccupazione sia degradante e iniqua per l’uomo e per la sua dignità, consegnando i soliti dati allarmanti alla platea studentesca. Rivendica a gran voce le misure, convenzionali e non, che ha adottato Bruxelles: l’abbattimento dei tassi d’ interesse da 1.5% del novembre 2009 allo 0.05% odierno; l’interesse negativo sui depositi della banche nel suo istituto per stimolare il credito e quindi la ripresa, come anche il credito diretto agli istituti di 1000 miliardi a 3 anni. Snodo cruciale del discorso sono anche le misure non convenzionali di politica monetaria: le linee di credito alle banche ad un interesse vicino allo zero per finanziare famiglie e imprese e della direzione presa per arrivare ad una vigilanza unica del mercato bancario culminata con gli stress test di qualche giorno fa. L’ ennesima immissione di liquidità è garantita dall’acquisto di particolari titoli bancari (ABS e COVERED BOND) mirati a trasformare i crediti, di prima categoria, in capo alle banche in liquidità per il sistema economico. La strategia che sta dietro queste misure è una politica monetaria molto espansiva, che vorrebbe far ripartire i consumi e gli investimenti per riportare l’Europa a crescere. Draghi ha parlato della necessità di passare dalla riflessione all’ azione, che però non può essere appannaggio esclusivo della banca centrale, perché se una caratteristica fondamentale dei rapporti economici è la fiducia, quando si parla di nazioni, la riduzione del rischio paese e l’aumento di fiducia dei mercati è una precisa responsabilità politica che corre attraverso le riforme strutturali per la competitività, per un fisco, una burocrazia e un mondo del lavoro più agili e uniformi che però devono garantire chiarezza e soprattutto diritti nel raggiungimento degli obiettivi macroeconomici. Draghi si è sentito più volte solo di fronte alle diverse necessità dei paesi dell’eurozona e alle critiche ricevute specialmente dal fronte tedesco nei confronti del suo operato. Ma l’unione monetaria, ha ribadito nelle ultime battute, non è perdita di sovranità, che viene comunque meno quando lo stato è vittima di un enorme debito pubblico, ma condivisione delle scelte per creare fiducia e forza nelle scelte del lungo viaggio quale è l’Europa. Come sempre il governatore è stato accompagnato dalle polemiche perché ritenuto uno dei responsabili del disagio sociale, mutato ormai tra la gente comune in rabbia, rassegnazione e sfiducia provocato dalle politiche di austerità. Come da copione all’esterno dell’edificio si sono presentati un centinaio di studenti in corteo appartenenti alla rete Link che con il lancio di uova e vernice hanno chiarito qual è il clima di intolleranza verso la figura di Draghi. Ma anche dentro l’aula magna  la tensione si è alzata.
Al termine dell’incontro, mentre il governatore salutava e si dirigeva all’ uscita un giovane ricercatore si è alzato e forte della sua prenotazione per le domande, ha chiesto di poterle rivolgere direttamente al governatore ricevendo come risposta un no categorico con la rassicurazione che qualcun’ altro gli avrebbe dato risposta. Le considerazioni da fare sarebbero molte: in primo luogo durante l’incontro è stato citato Caffè e il suo pensiero riguardo la prepotenza e pericolosità dei poteri forti dell’economia che lui chiamava “incappucciati della finanza”, al suo amore per gli studenti. La domanda per lui era proprio rivolta in questa direzione e vorrei invitare i lettori a riflettere su questo: siamo veramente sicuri che ci sia stato un favoritismo nei confronti del mondo della finanza a discapito dei cittadini o l’austerity deriva dal fatto che le politiche fiscali (spesa pubblica e tasse) non essendo controllabili dall’Europa hanno aperto il terreno alle condizioni durissime di salvataggio della BCE? Una risposta oggettiva è difficilissima da dare. Si può affermare però che l’Europa nel disegno dei suoi padri nasce per tutelare pace e crescita duratura attuando una netta scelta di campo: l’essere umano e i suoi diritti al centro. Se Federico Caffè, scoprendo il cappuccio, potrebbe trovare il suo allievo Draghi questo non è possibile dirlo, ma sicuramente avrebbe combattuto per difendere il capitale umano che in Europa si sta degradando, cercando di salvare le persone dalla povertà e cambiando un sistema finanziario che troppo spesso antepone profitti enormi alla sua missione di pubblica utilità, non imponendo sacrifici impensabili e polarizzazione delle ricchezze per interi popoli.
L’Europa non deve essere un onere finanziario e sociale ma una scelta politica che operi a vantaggio dei cittadini.

Francesco Lomonaco

* Resoconto didattico di uno studente di Economia dell’Università di Roma Tre